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lunedì 16 novembre 2009

CHIAMATI DAL FUTURO

«Il futuro entra in noi molto prima che accada» (Simone Weil).
Molte volte accade che ci fermiamo sul passato, e da lì attendiamo tracce, movenze, stimoli, per andare avanti; ma questo comporta – spesso – l’idea delirante di dover ripetere quello che già si è fatto…, riscaldare il brodino, respirare l’aria già usata, prendere idee dal baule e riciclare… sempre! Certamente nel nostro passato ci sono le fondamenta, le radici, ma queste vanno esaltate quando su di esse c’è l’ardire del futuro, il sogno bello di realtà inedite…
Noi cristiani crediamo “che sia il futuro a chiamare e ad anticipare la realtà; e la consapevolezza che il tempo (vitale) non parta dal passato verso il presente, ma dal futuro verso il presente, in qualche modo attraendolo, ci spinge a dare valore all’oggi! C’è come una forza…, un Persona che ci attrae a sé: è Gesù! Egli è il Centro della Storia, Signore e pur servo della speranza degli uomini!
La vita degli uomini è esplorazione del possibile. Vivere è un decreto di libertà. Un decreto di futuro.
Dio ci apre al futuro imprevisto, il male, il Diavolo, chiude gli spazi del possibile in un passato già stabilito, in un presente senza il senso, senza orizzonte, senza la mèta!
Gesù ci dice che Egli radunerà dai quattro angoli della terra coloro che sono suoi…, questo perché più “originario” del peccato è il bene! Nella creazione il bene è “più antico” (presbýteron diceva Origene), più anziano, più profondo del male. Il bene è venuto prima. Più originale ancora del peccato originale», l’uomo sorge nel giardino dell’Eden senza peccato… , avendo accanto a sé il Futuro, Dio!
Per questo conviene all’uomo vivere il presente conoscendo il fine della vita…, questa conoscenza del futuro, questa proiezione nel futuro, dà forza al nostro presente, spesso oscuro e disarmante! Perché «l’uomo proteso in avanti ha un anticipo, un vantaggio sul male».

La speranza bussa alle nostre porte…, ma dal di fuori! C’è qualcuno che osa toccare le nostre tristi porte, dure e stagionate di paura e lontananza dall’altro… Chi bussa è capace di rivestirci di futuro, gravido di un domani che viene messo nei pugni chiusi delle nostre mani…, che si aprono all’altro, perché aperte all’Alto!
Per questo occorre compiere tre gesti:
«Porre segni di discontinuità.
Osare immaginarci diversi.
Coltivare una cultura della prospettiva».

Ma cosa anticipa il futuro, senza alienarci dal presente? Il perdono!
Rispetto al male compiuto è solo il futuro che purifica la memoria, non il passato. «Per raggiungere la purificazione profonda occorre raggiungere una verginità della memoria, e questa viene a noi quando volgiamo l’orecchio del cuore alla voce del futuro, non alla voce del peccato di ieri: “Se uno è in Cristo è una nuova creatura, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). Il futuro porta con sé l’innocenza e la dona (la verginità non si conserva, si riconquista; l’innocenza non si mantiene, si accoglie, sempre ridonata)».

Il peccato, il male commesso, non va dunque affrontato dalla prospettiva del passato, dalla cultura dell’espiazione, ma dal futuro che purifica, da una “smemoratezza” del peccato che apre al cambiamento. Come ha fatto Gesù con la donna adultera: «Vai e d’ora in avanti non peccare più». «Perché perdona Dio? Perché è buono, misericordioso, paziente, benigno? Tutto questo va bene, ma è ancora poco, in fondo anche un uomo potrebbe arrivarci.
Dio perdona per un atto di fede in me e di speranza nel mio futuro. Dio perdona perché scommette sul futuro, sul “d’ora in avanti”. Perché per Lui il bene vale più del male. Non solo: il bene possibile di domani è più importante del male reale di ieri». Tutto ciò dischiude all’intelligenza dei nostri cuori un inedito volto di Dio!
«Dell’uomo Dio ricorda solo il bene, e le lacrime. Una volta perdonato, il male non esiste più, in nessun luogo, neppure nella Sua memoria. Abbiamo un’idea immorale di Dio se pensiamo che i suoi archivi siano pieni di peccati. Pronti per essere tirati fuori nell’ultimo giorno».
Sono invece pieni di lacrime, come dice il salmo: “Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli”.
Immensi archivi di lacrime, raccolte una ad una, sono i tesori di Dio. E una domanda sola, l’ultima: “Mi vuoi bene?”
La preghiera che rivolgiamo a Dio dobbiamo rivolgerla alla nostra coscienza: non ricordare più il male che hai commesso!
Dimentica il tuo peccato. Concentrati sul futuro che ti chiama. Sul bene possibile domani».
La promessa di Gesù di un futuro nuovo, è la certezza di un futuro possibile…, certo è fatica, ma è con fatica, con sforzo, che l’impossibile può diventare realtà.
“Finché c’è fatica c’è speranza”: «Se vedi uno che fatica puoi stare certo che dietro ci sono sogni e speranze. Se qualcosa ti costa fatica, non fuggire: è segno che coltivi progetti, un minimo Eden che merita il tuo impegno» (don Milani).
“Se uno non si aspetta l’impossibile, non lo raggiungerà mai” (Eraclito), chi non osa il futuro non vedrà mai la potenza redentrice di Dio, che convoca l’uomo alla sua Pace!

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