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venerdì 27 novembre 2009

Come una premessa per una promessa politica

Fare politica è un modo normale di essere uomo! L'uomo è naturalmente portato a determinare il presente, porsi delle prospettive, lavorare anche in vista di un futuro, di una metà, di un fine.
Ecco che agli amici che si accingono ad entrare in modo più serrato nel campo della politica militante, mi permetto di consigliare loro di farsi
artigiani della politica, artigiani di futuro!

Bisogna però partire da alcuni segnali, che indicano lo stato attuale della nostra società, che pare aver smesso di sognare-in-sieme; o per lo meno non sognare più… cose serie, cose grandi! Drogati come siamo di gossip, di maldicenze, di scoop a tutti i costi, di ardite e fantasiose ricostruzioni…, noi non dobbiamo sperare nel cambiamento, ma volere il cambiamento! Attuarlo: metterlo in cantiere e diventare artigiani della Politica!
Dobbiamo recuperare il giusto metro delle cose e tornale a parlare dl “Buon senso” nella società e in politica! Parole come impegno, studio, lealtà, eticità, pudore, dignità, capacità di ammettere un errore, fedeltà alla parola data, sono questi i caratteri che devono distinguere la nostra politica con le urla, gli imbrogli, i cinismi di altri…

Per questo che i momenti ideativi, i progetti, da soli non bastano: non deve solo funzionare la Cosa Pubblica, deve avere sempre un cuore, un volto umano! Non possono mancare le idee e gli ideali, prima del governo!
Il fare politica è un atto meramente dell’uomo…, noi cristiani cattolici dobbiamo dare alla politica un cuore, una intelligenze credente, e – permettetemelo – impegno.
Il nostro Paese pare aver rotto quella circolarità per la quale la società (scuola, università, Partiti, Chiesa, ecc.) dava uomini e donne alla Politica (e allo Stato) e la Politica dava alla società persone tesa (e forse capaci) a governare i fenomeni… .
Pare che il sistema sociale nostrano non sappia generare, con quell’abbondanza di una volta, persone e idee capaci di generare a loro volta un futuro voluto, desiderato, ma – il nostro sistema –pare subire un eterno presente fatto di uomini e circostanze occasionali…! (non uomini della provvidenza, ma uomini capaci di provvedere…)
E’ venuta a mancare la progettualità del fine e pare esserci solo l’urgenza di amministrare il potere, che in sé è neutro, ma diventa oscuro quando si ignorano o si celano le idee che stanno alla base, e dove si vuol portare la gente, magari abbuffata di parole vuote e di mutui da pagare!

PROSSIMITÀ
Fare politica oggi, nella luce di un Messaggio che è luce, è fare conoscenza delle persone! Uscire dai manifesti elettorali e incontrare la gente; non per fare i venditori del consenso partitico (di porta in porta): i Testimoni di Geova della politica; quanto piuttosto percorrere la città, le vie, le zone…, ed incontrare, vedere, odorare la realtà, fatta di aria che puzza, di auto ovunque, di gente costretta a fare file e procurarsi il foglietto di carta… .

Se non sentiamo, e diciamo, il dolore di una realtà che non ci piace: volere qualcosa di diverso! le cose non cambiano, e noi tradiamo il futuro, quale dono di Dio!
Parafrasando Simone Weil “Il futuro deve entrare in un uomo dato alla politica molto prima che accada”, pena l’insignificanza storica del “essere-in-politica”del credente. Non possiamo inseguire sempre e solo il presente, dobbiamo “pilotare” i giorni, amministrare la crescita, lo sviluppo, il futuro. Chiederci “dove vogliamo andare”, è importante; ma anche “come vogliamo arrivarci”! Con la democrazia come metodo e non fine, con il lavoro serio, lo studio, il confronto, perché ci sia pane per tutti, lavoro, dignità, responsabilità-diffusa, attenzione costante ai luoghi dell’uomo (corpo, ambiente, spirito)…, si realizzi cioè il fine della Politica, il bene pubblico, cioè la pace…, pace tra le generazioni, tra le classi, tra le culture, tra le differenze… In altre parole umanizzare il mondo e le strutture dell’uomo! E qui non deve mancare una chiara presa di distanza dai fondamentalismi religiosi e laici. Il cristianesimo è una proposta, una chiamata, mai un'imposizione!

“La specificità cristiana – in politica – sta all’inizio della sua scelta di servizio (le premesse) e alla dichiarata finalità (il fine), i valori di fondo (l’uomo) e la prospettiva (la libertà), ma i contenuti di carattere politico, giuridico, sociale, trovano espressione e configurazione in categorie di tipo laico e profano, come quelle che si riferiscono alla struttura pluralistica, personalistica e comunitaria della società”
Se volgiamo avere l’umile e vera pretesa di rinnovato impegno (prima ancora che nuovo) quale credenti, occorre compiere tre gesti:
• Porre segni di discontinuità.
• Osare immaginarci diversi.
• Coltivare una cultura della prospettiva.

Certamente nel nostro passato ci sono le fondamenta, le radici, di cui tener conto, ma queste vanno esaltate – oggi - quando su di esse c’è l’ardire del futuro, il sogno bello di realtà inedite…, non il rimpianto di passati gloriosi…Dobbiamo, allora, pensare al futuro: l’uomo proteso in avanti ha un anticipo, un vantaggio sul caos. La politica stessa (che è l’arte di amministrare il presente, ma anche l’arte di condurre il futuro!) si deve concentrare sul futuro che ci chiama, sul bene possibile di domani, perché dobbiamo avere consapevolezza che il tempo (vitale) non parta dal passato verso il presente, ma dal futuro verso il presente, verso noi!
In ciò non siamo soli, un Persona ci attrae al futuro: è Gesù! Egli è il Centro della Storia, Signore e pur servo della speranza degli uomini! Con Lui osiamo il futuro…; ma da artigiani, operosi nella speranza, consapevoli delle nostre fragilità, sognando e volendo quel futuro bello che veda l’uomo la capitale dell’agire della Politica!

Alcuni pensano che il nostro Pese sia arrivato alla frutta, non è così; ma a patto che nessuno tra di noi s'illuda che ci debba essere un uomo della Provvidenza, una “profezia di Celestino” per la vita di questo Paese!!
Ed ancora, a patto che ci sia impegno…, impegno vero, leale: avere in mente e nel cuore il sogno possibile di uomini e donne che oltre all’interesse proprio abbiano a cuore il bene comune, la crescita di quanti più possibile e – perché no?!- di tutti!

Dare una mano! Leale, preparata, prudente e – se Dio vuole – una mano amica, dove la politica si fa vicina alla gente, amica della gente. Una politica non semplicismo del mondo e della società, ma del buon senso…, che aiuti, che dia una mano e non complichi tutto!!
Sogno una politica che spazi, ragioni… in modo globale, circa la vita della nostra società, ma che sappia poi agire nel locale…, in modo efficace, rapido e risolutivo.

Proviamo una politica che nasca da quel nuovo umanesimo che Giovanni Paolo II auspicava per tutta l’Europa! Una politica così chiara, lealmente schierata, da chiamare, contagiare, tanti, e tanti giovani, a dare una mano nella società, nel volontariato e nella politica stessa…, che necessità sempre di appelli all’oggi! E’ tale chiamata alla realtà spesso viene sono dai giovani, dalle famiglie, da chi fa impresa, da chi esce di casa - per lavoro - la mattina e vi rientra tardi, ché non ha lo Stato come datore di lavoro, ma la società civile… .

Parole? Sempre parole!
No!
Speranza che qualcuno colga la voce di tanti che alla politica chiedono fatti concreti per la dignità degli operai, per poter lavorare senza una “normocrazia” criminogena, per le famiglie, per la scuola,….

Ma anche per quei cittadini italiani, quelle persone (cittadini di questo Stato o no, ma uomini!) che sono nelle carceri. Alla pena afflittiva che pur devono assoggettarsi non aggiungiamo un abbrutimento che lo Stato accresce con ambienti disumani e inumani.
Quando la Politica s’interessa degli ultimi…, comincia ad essere segno del nuovo, che lo spirito cristiano porta con sé: non battaglie per i segni, ma lotta per segnare la nostra società di cenni di luce!

Chi fa del proprio impegno, e del proprio lavoro, base di una speranza, vedrà la sostanza della speranza!

lunedì 23 novembre 2009

UN RE, UN REGNO, UNA REGALITA’

Strano il nostro mondo: teme il crocifisso ed esalta i crocifissori!

In realtà Dio, il Dio di Gesù Cristo, è un pericolo!
E’ un Dio inquietante, non lascia dormire sonni tranquilli; è un Dio sobillatore della Storia, sovversivo… dall’alto della sua Croce giudica il mondo, immerso nelle tenebre della solitudine e della lontananza.
Ma il suo giudizio è favorevole all’uomo, anche quando noi seguiamo i nostri idoli, e scordiamo l’appuntamento con lui!
Questo perché il Re ha un regno anomalo, diverso… un non-regno!

Il Dio di Gesù Cristo non guarda al potente, Egli gioca con la luce dell’arcobaleno e non con la complicata tecnologia dei ricchi.
Dio guarda con amore di predilezione l'umiltà di suoi, disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili; rimanda i ricchi a mani vuote.

E’ un Dio malfattore (Gv 18,30), non fa il bene che le nostre idolatrie si attendono, ma osa essere sovrano su di noi! E Gesù è un criminale talmente pericoloso per il sistema che è odiato; il suo Paese, i suoi, lo ritengono più pericoloso dei pur detestati e temibili dominatori romani, che vengono adoperati per farsi strumento della loro vendetta.
Tutti sono contro Gesù: sia coloro che detengono il potere religioso, sia coloro che sono sottomessi a questo potere; gli uni perché vedono in Gesù la minaccia al proprio prestigio, gli altri perché vedono in pericolo la sicurezza che il sistema religioso offre.
Si realizza quanto annunciato nel prologo: “Venne tra i suoi ma i suoi non lo accolsero” (Gv 1,11).

Dal Vangelo vediamo che Gesù non risponde alla domanda finale di Pilato (“Che cosa hai fatto?”), ma solo alla prima, a quella che riguardava la sua regalità.

La regalità è Dio!
Il Regno è seminato nel cuore dell’uomo!
E Gesù è Re di chi lo sposa!

Gesù, il Dio al servizio degli uomini, è venuto ad inaugurare un regno dove il re non esercita dominio, non prende, ma dà: dona se stesso! Non c’è violenza, ma la forza dell’amore, della relazione, dell’appartenenza!
Nel regno di Gesù non ci sono servi!! Dio è il servo! Gesù è servo! E chiunque lo voglia seguire, nell’abbraccio della propria croce quotidiana!

Gesù parla di un regno (e della sua regalità) come realtà non è di questo mondo, ma questo non significa che non sia in questo mondo. Non contrappone il Cielo alla Terra, ma due mondi differenti. Mentre il mondo di Gesù è quello dell’amore che comunica vita, nulla chiedendo per sé, il mondo di Pilato, il nostro, è quello della forza della violenza, dell’onore riservato ai carnefici, ai potenti che costruiscono le guerre, che determinano la fame nel mondo, gli omicidi di Stato, le stragi, il terrorismo, l’odio tra popoli, religioni, sistemi culturali, politici ed economici. Sono i maestri della contrapposizione e delle bugie! Sono gli assassini della vita, collaboratori del Diavolo!
Nessuna conciliazione è possibile tra questi due mondi. Il mondo del potere è il regno delle tenebre e della menzogna, quello di Gesù è quello della luce e della verità. L’uno comunica morte, l’altro vita.

Gesù non afferma che chi ascolta la sua voce si situa nella verità, ma che appartenere alla verità precede il fatto stesso di ascoltare la sua voce, e ne è la condizione. Quanti si comportano come “ladri e banditi” venuti per “rubare, uccidere e distruggere” (Gv 10,8.10) e, anche se ascoltano, non intendono quel che Gesù dice loro: “Ma essi non capirono che cosa significasse ciò che diceva loro” (Gv 10,6).

Non si tratta di avere la verità in tasca, perché la verità non è una dottrina che si possiede, ma è l’atteggiamento che caratterizza la vita del credente. Per questo Gesù parla di essere nella verità e di fare la verità.
Essere nella verità, fare la verità, significa orientare la propria esistenza a favore del bene dell’uomo, ponendo il bene dell’altro come principio assoluto della propria esistenza. Quanti lo fanno sono in grado di ascoltare e capire la voce del Signore.
Per ascoltare e dare adesione a Gesù si richiede pertanto una predisposizione ad amare la vita e l’uomo, affinché veramente “la vita sia la luce dell’uomo” (Gv 1,4).
Per questo molti, oggi, anche se ammantati di belle parole e “pittati” (di fresco) di cristianesimo non sono nella verità, né la praticano, sono refrattari alla voce di Dio, del Dio di Gesù Cristo.

martedì 17 novembre 2009

LETTERA A DIOGNETO

(La Lettera a Diogneto è un breve scritto in greco, che un ignoto cristiano della prima metà del II° secolo rivolge a un amico per spiegare e difendere la nuova fede cristiana. È uno dei più suggestivi documenti dell'antica letteratura cristiana che appartiene ai cosiddetti "Padri apostolici").


(…) I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini, né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere
di vita. La loro dottrina non fu inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.

La dottrina di un Dio è la loro filosofia.

Dimorano in città sia civili che barbare, come capita. E, pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e per ammissione di tutti incredibile.
Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri.
Partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio.
Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera.
Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini.
Amano fare comunione fra loro e sono fedeli al matrimonio.
Vivono nel corpo, ma non secondo il corpo.
Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere sono superiori alle leggi.
Amano tutti e da tutti sono perseguitati.
Sono sconosciuti eppure condannati.
Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita.
Sono poveri, ma arricchiscono molti.
Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza.
Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria.
Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.
Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati con disprezzo e ricambiano con l'onore.

Pur facendo il bene sono puniti come malfattori e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. Gli eretici fanno loro guerra come a gente straniera e i pagani li perseguitano, ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.

In una parola, i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima si trova in tutte le membra del corpo; anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo; anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. Il corpo, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima perché gli impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani, pur non avendo ricevuto nessuna ingiuria da loro, solo perché si oppongono al male.

(dalla "Lettera a Diogneto" 5-6).

lunedì 16 novembre 2009

CHIAMATI DAL FUTURO

«Il futuro entra in noi molto prima che accada» (Simone Weil).
Molte volte accade che ci fermiamo sul passato, e da lì attendiamo tracce, movenze, stimoli, per andare avanti; ma questo comporta – spesso – l’idea delirante di dover ripetere quello che già si è fatto…, riscaldare il brodino, respirare l’aria già usata, prendere idee dal baule e riciclare… sempre! Certamente nel nostro passato ci sono le fondamenta, le radici, ma queste vanno esaltate quando su di esse c’è l’ardire del futuro, il sogno bello di realtà inedite…
Noi cristiani crediamo “che sia il futuro a chiamare e ad anticipare la realtà; e la consapevolezza che il tempo (vitale) non parta dal passato verso il presente, ma dal futuro verso il presente, in qualche modo attraendolo, ci spinge a dare valore all’oggi! C’è come una forza…, un Persona che ci attrae a sé: è Gesù! Egli è il Centro della Storia, Signore e pur servo della speranza degli uomini!
La vita degli uomini è esplorazione del possibile. Vivere è un decreto di libertà. Un decreto di futuro.
Dio ci apre al futuro imprevisto, il male, il Diavolo, chiude gli spazi del possibile in un passato già stabilito, in un presente senza il senso, senza orizzonte, senza la mèta!
Gesù ci dice che Egli radunerà dai quattro angoli della terra coloro che sono suoi…, questo perché più “originario” del peccato è il bene! Nella creazione il bene è “più antico” (presbýteron diceva Origene), più anziano, più profondo del male. Il bene è venuto prima. Più originale ancora del peccato originale», l’uomo sorge nel giardino dell’Eden senza peccato… , avendo accanto a sé il Futuro, Dio!
Per questo conviene all’uomo vivere il presente conoscendo il fine della vita…, questa conoscenza del futuro, questa proiezione nel futuro, dà forza al nostro presente, spesso oscuro e disarmante! Perché «l’uomo proteso in avanti ha un anticipo, un vantaggio sul male».

La speranza bussa alle nostre porte…, ma dal di fuori! C’è qualcuno che osa toccare le nostre tristi porte, dure e stagionate di paura e lontananza dall’altro… Chi bussa è capace di rivestirci di futuro, gravido di un domani che viene messo nei pugni chiusi delle nostre mani…, che si aprono all’altro, perché aperte all’Alto!
Per questo occorre compiere tre gesti:
«Porre segni di discontinuità.
Osare immaginarci diversi.
Coltivare una cultura della prospettiva».

Ma cosa anticipa il futuro, senza alienarci dal presente? Il perdono!
Rispetto al male compiuto è solo il futuro che purifica la memoria, non il passato. «Per raggiungere la purificazione profonda occorre raggiungere una verginità della memoria, e questa viene a noi quando volgiamo l’orecchio del cuore alla voce del futuro, non alla voce del peccato di ieri: “Se uno è in Cristo è una nuova creatura, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). Il futuro porta con sé l’innocenza e la dona (la verginità non si conserva, si riconquista; l’innocenza non si mantiene, si accoglie, sempre ridonata)».

Il peccato, il male commesso, non va dunque affrontato dalla prospettiva del passato, dalla cultura dell’espiazione, ma dal futuro che purifica, da una “smemoratezza” del peccato che apre al cambiamento. Come ha fatto Gesù con la donna adultera: «Vai e d’ora in avanti non peccare più». «Perché perdona Dio? Perché è buono, misericordioso, paziente, benigno? Tutto questo va bene, ma è ancora poco, in fondo anche un uomo potrebbe arrivarci.
Dio perdona per un atto di fede in me e di speranza nel mio futuro. Dio perdona perché scommette sul futuro, sul “d’ora in avanti”. Perché per Lui il bene vale più del male. Non solo: il bene possibile di domani è più importante del male reale di ieri». Tutto ciò dischiude all’intelligenza dei nostri cuori un inedito volto di Dio!
«Dell’uomo Dio ricorda solo il bene, e le lacrime. Una volta perdonato, il male non esiste più, in nessun luogo, neppure nella Sua memoria. Abbiamo un’idea immorale di Dio se pensiamo che i suoi archivi siano pieni di peccati. Pronti per essere tirati fuori nell’ultimo giorno».
Sono invece pieni di lacrime, come dice il salmo: “Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli”.
Immensi archivi di lacrime, raccolte una ad una, sono i tesori di Dio. E una domanda sola, l’ultima: “Mi vuoi bene?”
La preghiera che rivolgiamo a Dio dobbiamo rivolgerla alla nostra coscienza: non ricordare più il male che hai commesso!
Dimentica il tuo peccato. Concentrati sul futuro che ti chiama. Sul bene possibile domani».
La promessa di Gesù di un futuro nuovo, è la certezza di un futuro possibile…, certo è fatica, ma è con fatica, con sforzo, che l’impossibile può diventare realtà.
“Finché c’è fatica c’è speranza”: «Se vedi uno che fatica puoi stare certo che dietro ci sono sogni e speranze. Se qualcosa ti costa fatica, non fuggire: è segno che coltivi progetti, un minimo Eden che merita il tuo impegno» (don Milani).
“Se uno non si aspetta l’impossibile, non lo raggiungerà mai” (Eraclito), chi non osa il futuro non vedrà mai la potenza redentrice di Dio, che convoca l’uomo alla sua Pace!

domenica 8 novembre 2009

Il tempo della vita è questo!

Accade che taluni posticipino la vita! Si aspetta qualcuno, un evento, un giorno adatto, un’occasione… giusta…; e si aspetta e si rimanda la vita a domani!

Ma questo è il tempo della vita, cioè dell’incontro…, o per dirla tutta, del dono. Sì, perché la vita, ci insegna Gesù, è dono, ed è massimamente vissuta non quando vai a 100 all’ora, quando fai 10.000 cose, quando non hai più tempo… per vivere; ma quando ti doni!

Ma cos’è il dono? E’ un atto totale!

Donare è per noi, piccoli discepoli di Gesù, stretti tra il tempo e l’eternità, (ma consapevoli che nel frammento c’è già – come una caparra – tutto!) l’atto di offrire quanto si ha e si è. Non è il semplice dare dal mio superfluo, seleziono quello che ho in più e me ne libero, lo allontano da me e/o lo offro ad un altro (magari che mi è lontano, estraneo…). Questo è il donare degli altri!
Per noi il dono è incontro, è la vita spalmata in ogni atto…: è amore che cresce in noi e attraverso noi. E’ accorgerci che abbiamo vita, che siamo vita! E’ donare vita!!

Il dono è farsi prossimo, nello stupore e nella pazienza. E’ scoprirsi discepoli di un Dio che muore in croce, e da lì, all’altezza del nostro odio, racconta ancora, se è possibile oltre la fine, il suo Dono, il suo continuo-dono, il suo ancora-dono, il suo perdurare nel dono si sé: “Padre perdonali…”

Allora il dono è partenza dall’Alto, per incontrare l’altro, le sue richieste, i suoi bisogni, e farlo fratello, renderlo certo che la sua vicenda, la sua storia è condivisa, non è ignorata, sconosciuta, perché la comunità di Gesù non è mai una comunità anonima!

Certamente, accade nelle nostre comunità l’anonimato! E quanto ha la forma del disinteresse, forse rancore…, ma se facciamo caso, se rivisitiamo i nostri sentimenti, dobbiamo ammettere che spesso dietro tanta lontananza tra noi, non c’è nulla, anzi c’è il nulla che avanza…, c’è una vita che non sboccia. Allora spesso riversiamo l’astio di noi che è in noi su gli altri, che non sono la causa, ma il triste rosario della memoria di una vita che è lì parcheggiata, ancorata nel porto del nulla, da dove non si salpa mai, si arriva solo, e soli si resta, sempre!
Da una vita così non vissuta, cerchiamo fughe, con suoni e colori, situazioni e rumori, che ci riempiono il vuoto di dentro… con altro vuoto, altra tristezza… e gli altri spariscono dal nostro orizzonte e, più che fratelli sono polli per i nostri appetiti!

La vita diventa triste, e più che dono ci appare come una carretta da tirare… e ci mettiamo ad aspettare un giorno nuovo, messianico, per vivere, per donare.

Ma non ci sarà un giorno futuro: è questo! Questa è l’opportunità che Dio ci dà, non dobbiamo aspettare, dobbiamo vivere!

Vivendo la vita, quale dono di Dio, noi diventiamo dono agli altri, a molti – e se Dio vuole – a tutti, parchè Dio non è banale: ama nella totalità!

Donare è un atto di vita, un atto di culto a Dio, che ci ha donato il suo amore, i nostri amori, il suo Paradiso, Gesù, il nostro paradiso, Maria!!!
Quando noi ci doniamo, affidiamo a Lui il nostro presente, e attendiamo da Lui il nostro futuro.

Ecco la vedova del Vangelo, dà tutto… perché sa che a Dio non gli dai nulla se non gli dai tutto il tuo cuore, la tua mente, la tua forza, la tua intelligenza. E il cuore è la sede di tutto!!
Non sperimentiamo noi questo? Quando incontriamo la persona che riempie del suo volto i nostri occhi, non comprendiamo, e viviamo, che l’altro nome dell’amore è TUTTO? Ed allora perché stupirsi?! E’ ovvio che a chi si ama si dà tutto, cioè ci si dà!
Noi siamo il tutto da offrire a Dio e ai fratelli!!

Certo, ci sono giorni e circostanze dove ciò appare duro, difficile… Cosa fare? Dimettersi, attendere, e aspettare il giorno giusto?
No, cominciare! Cominciare è dell’innamorato; ricominciare è di chi ama!
Noi siamo qui per cominciare e ricominciare, perché Dio merita il mio amore, la terra necessita del nostro dono!


(dal diario, “Tutto comincia dalla fine”)

mercoledì 4 novembre 2009

METTI UN SERA A CENA…

Lo confesso, mi piace camminare, specie se sono da solo.
Quando cammini, o meglio ancora passeggio, mi perdo nei pensieri e talvolta mi scordo anche dove sto andando ed il motivo! Non poche volte, uscito per una meta, mi sono come svegliato dai pensieri e mi sono ritrovato in tutt’altro posto. E che ci faccio qui? Che dovevo fare? Ah, ero uscito per il mare e qui sono in collina. Bella la collina! E me ne torno a casa.
Ieri sera, uscito da casa di amici, dove ho cenato, ritornavo a casa mia, a piedi: erano le 23.50; la sera si cammina che è una favola, poche auto, poca luce, poche distrazioni…: i pensieri sono sotto torchio!
A casa di Elena e Eduardo la cena è buona, leggera e frugale (ma non è mancato – dulcis in fundo - un dolce alla cioccolata; che spettacolo!!).
Tornandomene a casa, pensavo di loro: sono sposati, hanno quattro figli, sono impegnati, lavorano, hanno amici, sono persone attente alle cose della società, ecc. Mi chiedevo, “ma ‘sti ragazzi che sono?” “Che cosa è una famiglia?”
Ecco, da subito, quello che, istintivamente, mi sono detto: non è un gruppo riproduttivo! E ripensando ai loro discorse, e a come si scambiavano le rispettive idee con franchezza e cortese autonomia, mi convinco che la famiglia è un laboratorio! Un luogo, cioè, dove con alcuni elementi naturali, si riesce a fare tanto, a produrre “prodotti” anche nuovi, innovativi, importanti, belli come le cose semplici ed essenziali. Una coppia non è una “lamiera sagomata”, come il mio amico Giovanni – presto ingegnere – dice delle automobili…; non va soggetta alla moda di turno!
Gli elementi base dei miei ospiti li ho visti bene: forza interiore, volontà di conservare il senso di un rapporto, normalità, serenità, pur non mancando nuvole, capacità di dire le cose, senza pretendere che siano accolte tutte allo stesso modo e profondità (una cose è dire che ci si vuole bene, altra che la Spal sia la migliore squadra del campionato di calcio!). Lui e lei, assieme, caparbi e ricchi di un tesoro, che spesso si perde di vista…, la famiglia! Lei, dal corpo minuto, dal viso sereno, come le cose antiche, detiene fortezza, e trasmette potenza a chi la guardò da vicino nel giorno del Sì. Lui, tenero senza lacrime, e con una voglia infinità di tenacia, nonostante i dilemmi….
La famiglia è un laboratorio, sì…; ma non è il luogo delle sole e continue analisi di ogni particella minima, dove parole, pensieri e silenzi sono analizzati, classificati e “imprigionati” nella presunzione di conoscere l’altro, di possederlo, di “averne esaurito l’incontro e la scoperta”, perché la coppia non è luogo delle sole parole, ma anche dei silenzi ascoltati, rispettati… delle soluzioni attese, con pazienza, affetto e misericordia!
La coppia amorosa non è una prigione ideologica, non è un castrazioni infiocchettata, tra due amici-amanti non ci si limita, e non ci si perde, nell’analisi di sé, ma si elabora, si scopre, e si producono cose anche impreviste, provvisorie, … perché, accade, che una mela dimenticata in un armadio, la si ritrovi, dopo qualche giorno, con la muffa… e magari si scopre la penicillina… di un amore!

domenica 1 novembre 2009

Il nostro nome...

Chi crede più nell’amore?
Sì, molti ne sentono il bisogno, il fascino, l’importanza… la necessità…; ma - poi – chi ci crede? Chi si affida ad esso? Chi sacrifica ore del proprio giorno, giorni della propria vita per l’amore?
Quanti sacrifichiamo l’amore per i nostri giorni, per il nostro lavoro!
Quanti sacrifichiamo i nostri amori per le attività, per il capo, il partito, i soldi, il potere: le apparenze!!

Credere all’amore! Eh, sì: è ‘na parola!!
Quando avevo venti anni, incontrai Silvia che me ne parlò. Mi bruciò.
La sentivo parlare e vive per il suo innamorato: era pazza di lui, e tutto veniva dopo di lui e nulla era valido o buono senza averlo visto con lui.
Non si usciva, non si studiava, non s’intraprendeva un nulla se non lo aveva visto con lui.

Credere all’amore! Ma chi ci crede!!
Nelle nostre società dove ci prendiamo e ci lasciamo, dove saliamo e scendiamo da storie, incontri, affetto, come ci si cambia la camicia…
Da noi quanta fatica… nell’amare…, vedi alcuni segni, ma molte cicatrici delle nostre società restano conficcate dentro… e l’ammalano nel profondo!

Credere all’amore?
E’ un invito, è un’urgenza: è la nostra stessa fede!!

Ma chi vive di superficialità, di tiepidume, di furti di affetto, di imbroglio, come può capire? Per alcuni l’amore è slogan, è una serata a far casino, una bevuta, un incontro con la pelle altrui senza neppure conoscere le ossa dell’altro…

Si rischia di confondere le prestazioni con la donazione, con l’abnegazione, l’importanza dell’altro che è rilevante solo se serve a me, ai mie scopi, ai miei bisogni!
Non ci si avvede che tutto ciò ci porta tutti al ribasso della vita, che è bellezza, incontro, amore!

Noi Cattolici celebriamo la festa di TUTTI I SANTI.
Che cosa significa ciò? Facciamo un panteon generale, così non dimentichiamo nessuno degli uomini e delle donne che la Chiesa ci addita a modello?

No!
Noi celebriamo la vita! Ma quella scritta tutta in maiuscolo, celebriamo cioè l’amore!
I Santi sono gli uomini e le donne che fanno creduto all’amore, ma sul serio! L’hanno seguito, gli hanno consegnato i loro giorni, le loro mani, i cuori, al vita, l’intelligenze, la loro miseria e si sono accomodati nell’amore!
Sì, accomodarsi nell’amore!! Ecco cosa è creder all’amore: mettersi nell’amore e non spostarsi più!

Ma credere nell’amore non è solo per i giorni belli, per la pasqua della vita! Si crede nell’amore, sempre! Soprattutto quando incontri il tuo Venerdì Santo, quando introno e dentro è buio, e tu gridi - nel tuo silenzio – la solitudine, la tua ferita, il fallimento, la paura di non farcela, lo stupore che fa male di essere povero e incapace.
Lì, proprio lì’… devi credere all’amore e non muoverti da lì! Resta fermo, fisso, inchiodato a quell’amore che hai scoperto magari moto tempo fa… e restagli fedele…, perché l’amore trae beneficio nel nascondersi per dare compattezza alle nostre giornate fatte spesso di banalità.

Credere all’amore è credere che l’amore è l’unico Dio della nostra vita, breve o lunga che sia! E per l’amore che vogliamo vivere, con amore e per amore vogliamo frequentare questa vita… in compagnia di tanti.

Se vivremo così, avremo un segreto, una forza che Gesù stesso dono a quanti si fidano di un Maestro che dalla croce ha insegnato che Dio è abisso di amore, che Dio si chiama amore e noi siamo e dobbiamo portare il suo nome, Amore!



(dal diario, “Tutto comincia dalla fine”)