Gesù va a pregare…
Pregare, parlare con Dio?
Quando preghiamo noi siamo soggetti di un dono, un dono di Dio: Dio stesso, che ci chiama in udienza e ci ascolta.
Poi, la preghiera, con il tempo e la pietà, diviene silenzio, perché Dio parli a noi e ci dica e ci convinca del suo amore.
Dio ci parla, ci narra il suo esodo in Gesù…; non ci dà leggi e norme, ma l’esperienza viva, di fuoco di un rapporto, di una relazione, di un amore, vero! E dal rapporto vero e franco, noi tutti impariamo a “darci delle regole”, che sono il tentativo di conservare quanto acquisito di utile, di bello, di santo!
Chi ordina all’agricoltore come e quando solcare la terra, potare gli alberi, seminare, raccogliere i frutti, conservarli? Una norma esterna, un direttorio esterno o – non piuttosto- per la ragione della conoscenza e dell’esperienza accumulata nei secoli di lavoro della terra, da parte di tanti uomini?
Chi dà regole alla nostra vita? Uno Stato, una legge, un’ideologia…?
Le regole nascono dalla vita e dalla vita di relazione! Chi non si relazione con niente e con nessuno (cioè non ama) non ha regole, non gli servono…, è esso stesso perduto dietro la vanità del nulla!
Noi non andiamo dietro ad ogni vento di dottrina; il Maestro è Gesù, che fu servo, amico, via della nostra speranza. Egli ci ha detto – e lo ripete sempre- guarda che Dio ti ma sul serio e nulla vuole da te nulla (che gli puoi dare!).
Ma tu non scordarti che non sei qui a caso; tu hai una radice! Una santa radice, una bella radice! Ora vivi nel tempo degli uomini, domani vivrai nel tempo di Dio… preparati!!
Allora la preghiera è un momento di umiltà… umiltà di Dio, che ascolta il nulla di noi; ma è anche un momento di gloria… per noi, perché siamo convocati dal grande Re!
Gesù su il monte va a pregare, va al (suo) cammino di umiltà dell’uomo, ma anche a fare esperienza di dialogo, di amore di Dio. E la preghiera lo trasfigura…, la preghiera ci trasfigura, ci porta nella luce di Dio…, anche se per brevi attimi; ma lì facciamo esperienza viva di futuro, di gloria!!
Come tanti, anch'io ho qualcosa da dire...; perchè la vita è un impegno, un comandamento, una opportunità unica ed irripetibile! Sono parole, solo parole; nulla hanno di nuovo, ma confermano il pensiero di tanti che credono nel futuro a partire dal presente! E non c'è futuro senza la verità, che ci rende liberi.
domenica 28 febbraio 2010
mercoledì 17 febbraio 2010
Digiuno come fame di giustizia!
Il cristiano non ha "giorni sacri"; il Tempo è un dono di Dio, una sua creatura donata all'uomo! Tutto il Tempo, tutti gli attimi, ogni giorno, è sacro.
Nel Tempo Dio ci offre, di nuovo, la sua misericordia: ora, adesso... Il Tempo è un tempio "diverso", dove Dio si lascia trovare, comunicandosi, e parla all'uomo come ad un amico.
Ciò detto, e confermato, dobbiamo anche segnalare che la comunità cristiana da sempre ha segnato dei giorni come memoria di eventi unici e fondanti, e penso alla Domenica, giorno della Resurrezione di Gesù, il Cristo. Ma penso anche al Venerdì, giorno del "Coraggio di Dio", quando si consegna, in Gesù, nelle mani dell'uomo, perché il male del cuore delle creature fosse sconfitto con una vittoria di legno!
Ecco che il Venerdì è da sempre il giorno della Croce, la memoria della Crocifissione. A tale memoria è legato non solo il ricordo, ma anche una costante meditazione, un sapere "diverso", che ripete al discepolo l'amore di Dio, la nuova creazione realizzata da Gesù, la Redenzione di ogni creatura, compreso il Tempo!
Al venerdì c'è l'antica usanza, mutuata dalla tradizione biblica, del digiuno; questa prassi è un culto radicato nel patrimonio religioso ebraico.
Anche il Corano menziona il digiuno del silenzio praticato da Zaccaria e Maria la Vergine dopo la nascita di Giovanni Battista e Gesù Cristo.
Il digiuno è praticato anche con fervore in diverse religioni mondiali. Ci ricordiamo del digiuno radicale del Mahatma Ghandi durante le stragi che hanno accompagnato la separazione del Pakistan dall’India. Era il suo metodo preferito di resistenza pacifica, in conformità con l’Ahimsa, il principio della non-violenza, o meglio della "forza della verità".
Proviamo insieme a provare, una volta tanto, quello che sentono i poveri, gli oppressi, gli affamati ogni giorno e forse per tutta la loro vita. Il digiuno è rinuncia e denuncia, testimonianza e solidarietà.
Il digiuno, mi accorgo nella mia vita, non è un rito distratto, non lo puoi attuare senza una scelta, costante, attenta, vigilata... Non ci si ritrova a fare il digiuno: è più impossibile che difficile! Sono tali i ritmi, gli appuntamenti, le distrazioni... che, almeno per me prete, è rarissimo!
Eppure la Chiesa sceglie e indica ancora questo cammino, che è sentiero carnale ad uso dello spirito, della sapienza del cuore... . Il digiuno è scelto per vivere, sperimentare e capire - se sia possibile - le varie”dimensioni" della povertà... . E ancora, il digiunare quale atto di solidarietà, vicinanza, ai miseri; ma anche di denuncia di quelle strutture sociali, politiche, economiche, di peccato che costringono milioni di Creature alla fame di cibo, di amicizia, di calore, di libertà, gioia, amore.
Il digiuno come provare a capire "con il corpo" quelli che non hanno scelto per nulla la loro sorte, quelli che sono stati condannati alla fame e la sete, costretti a soffrire di malnutrizione e le malattie, e vivere senza letto, né tetto… . la fame rende il freddo più feroce, e la vita diviene un eterno inverno che inchioda gli uomini sulla croce dell’ingiustizia.
Il digiuno allora è anche tentativo e progetto di redenzione, di salvezza, di un’umanità che si prende cura del suo prossimo.
Il digiuno ci insegna a dire “No”, a liberarci dalla prigione della quotidianità e dell’abitudine. Ci libera dalle piccole cose che diventano indispensabili con l’abitudine. Siamo ormai abituati a vedere, bevendo e mangiando nelle nostre case, la gente morire sugli schermi della TV, la natura franarci sotto i piedi, i mari e i corsi d'acqua neri di morte, le nostre città senza più bellezza...; il digiuno come tentativo umano, ma anche spirituale per scoprirci uomini e discepoli!
Con il digiuno la fame, le fami, ci divengono familiari e forse -Dio voglia- realtà inaccettabili, per le quali prendere posizione, scegliere uno stile di vita sobrio, uno stile di fraternità degno del Vangelo della pace.
Il digiuno è impegno! E' vigilare su di noi, sui territori dell'uomo che viviamo e che formiamo. Il digiuno è un "No" all'indifferenza!
Siamo talmente abituati a sentire notizie contro l'uomo, che urge un atto, una scelta, un segno forte, fortissimo! Il digiuno è uno strumento forte contro l'indifferenza complice, dove uomini e donne muoiono, senza rumore né odore, una vita che è stata una disgrazia, un buco nero, una tragedia degna di bestemmia!
Digiunare significa ribellarsi contro le notizie confezionate e le risposte prêt-a-porter. Significa scoprire la vulnerabilità di cui siamo composti, la fragilità (da cui scappiamo), ed essere -una volta tanto- noi stessi, fragili impettiti, nudi rivestiti, assetati... .
Il digiuno è, anche, un atto d’anti-consumismo per natura. Il consumismo che consuma il territorio, l'ambiente dove viviamo, che erode la nostra dignità umana, riducendo il nostro essere ad un tubo digerente, e la nostra intelligenza ad un riflesso condizionato.
Il nostro digiuno non serve a Dio! Serve a noi, che ci stiamo mangiando da dentro!! Serve alla natura, al Tempo, all'ecologia del cuore. Serve a dare un primato al cuore, all'uomo.
Attenzione!! I gesti simbolici, da soli, non cambiano la storia, ma quando sono sinceri -anche se stentati e semplici- creano la condizione interna del cambiamento: “Dio non cambia la condizione di un popolo, se questo prima non cambia ciò che ha in cuore” (Corano, XIII, 11).
Il digiuno è un atto d’Amore verso Dio e le sue Creature. Verso le Creature con il “con-sentire” la vita, facendosi solidale; e verso Dio con l’amore alla sua Creazione, assunta quale dono e responsabilità.
Il digiuno è un’adorazione “negativa” in due sensi:
1. Negativa perché non c’è nessun’espressione esteriore o rituale che fa sapere che stiamo digiunando. In un hadīth qudsī (insegnamenti islamici) Dio dice: “Tutta l’opera del figlio d’Adamo è per lui, salvo il digiuno, che è per Me”. Il digiuno è un segreto tra l’uomo e il suo Signore.
2. Negativa anche perché è la rinuncia di tutto quello che amiamo, abbiamo e siamo abituati ad usare.
Siamo capaci di scegliere nuove vie e fare radicali decisioni mai fatte prima? Il digiuno è la scuola della volontà decisiva. L’Amore si manifesta con il dono, l’oblazione, la condivisione, il sacrificio e non con la possessione.
Un digiuno così compreso e vissuto, nella luce del Vangelo della pace, ci immette non nella povertà, ma lo rende “possibile” di una positività, d’inedita fruttuosità, di fioritura nuova! Il digiuno vissuto nel fuoco della fede, immette il discepolo in quello svuotamento che è la kenosis di Dio…, in quella povertà di Cristo che ci ha reso ricchi, che è salvezza! Il digiuno ci permette di incarnare la povertà degli umili ed essere strumenti, artigiani, di pace, perché non c’è pace senza giustizia.
Buon Cammino di Quaresima.
P. Mariano c.r.
Nel Tempo Dio ci offre, di nuovo, la sua misericordia: ora, adesso... Il Tempo è un tempio "diverso", dove Dio si lascia trovare, comunicandosi, e parla all'uomo come ad un amico.
Ciò detto, e confermato, dobbiamo anche segnalare che la comunità cristiana da sempre ha segnato dei giorni come memoria di eventi unici e fondanti, e penso alla Domenica, giorno della Resurrezione di Gesù, il Cristo. Ma penso anche al Venerdì, giorno del "Coraggio di Dio", quando si consegna, in Gesù, nelle mani dell'uomo, perché il male del cuore delle creature fosse sconfitto con una vittoria di legno!
Ecco che il Venerdì è da sempre il giorno della Croce, la memoria della Crocifissione. A tale memoria è legato non solo il ricordo, ma anche una costante meditazione, un sapere "diverso", che ripete al discepolo l'amore di Dio, la nuova creazione realizzata da Gesù, la Redenzione di ogni creatura, compreso il Tempo!
Al venerdì c'è l'antica usanza, mutuata dalla tradizione biblica, del digiuno; questa prassi è un culto radicato nel patrimonio religioso ebraico.
Anche il Corano menziona il digiuno del silenzio praticato da Zaccaria e Maria la Vergine dopo la nascita di Giovanni Battista e Gesù Cristo.
Il digiuno è praticato anche con fervore in diverse religioni mondiali. Ci ricordiamo del digiuno radicale del Mahatma Ghandi durante le stragi che hanno accompagnato la separazione del Pakistan dall’India. Era il suo metodo preferito di resistenza pacifica, in conformità con l’Ahimsa, il principio della non-violenza, o meglio della "forza della verità".
Proviamo insieme a provare, una volta tanto, quello che sentono i poveri, gli oppressi, gli affamati ogni giorno e forse per tutta la loro vita. Il digiuno è rinuncia e denuncia, testimonianza e solidarietà.
Il digiuno, mi accorgo nella mia vita, non è un rito distratto, non lo puoi attuare senza una scelta, costante, attenta, vigilata... Non ci si ritrova a fare il digiuno: è più impossibile che difficile! Sono tali i ritmi, gli appuntamenti, le distrazioni... che, almeno per me prete, è rarissimo!
Eppure la Chiesa sceglie e indica ancora questo cammino, che è sentiero carnale ad uso dello spirito, della sapienza del cuore... . Il digiuno è scelto per vivere, sperimentare e capire - se sia possibile - le varie”dimensioni" della povertà... . E ancora, il digiunare quale atto di solidarietà, vicinanza, ai miseri; ma anche di denuncia di quelle strutture sociali, politiche, economiche, di peccato che costringono milioni di Creature alla fame di cibo, di amicizia, di calore, di libertà, gioia, amore.
Il digiuno come provare a capire "con il corpo" quelli che non hanno scelto per nulla la loro sorte, quelli che sono stati condannati alla fame e la sete, costretti a soffrire di malnutrizione e le malattie, e vivere senza letto, né tetto… . la fame rende il freddo più feroce, e la vita diviene un eterno inverno che inchioda gli uomini sulla croce dell’ingiustizia.
Il digiuno allora è anche tentativo e progetto di redenzione, di salvezza, di un’umanità che si prende cura del suo prossimo.
Il digiuno ci insegna a dire “No”, a liberarci dalla prigione della quotidianità e dell’abitudine. Ci libera dalle piccole cose che diventano indispensabili con l’abitudine. Siamo ormai abituati a vedere, bevendo e mangiando nelle nostre case, la gente morire sugli schermi della TV, la natura franarci sotto i piedi, i mari e i corsi d'acqua neri di morte, le nostre città senza più bellezza...; il digiuno come tentativo umano, ma anche spirituale per scoprirci uomini e discepoli!
Con il digiuno la fame, le fami, ci divengono familiari e forse -Dio voglia- realtà inaccettabili, per le quali prendere posizione, scegliere uno stile di vita sobrio, uno stile di fraternità degno del Vangelo della pace.
Il digiuno è impegno! E' vigilare su di noi, sui territori dell'uomo che viviamo e che formiamo. Il digiuno è un "No" all'indifferenza!
Siamo talmente abituati a sentire notizie contro l'uomo, che urge un atto, una scelta, un segno forte, fortissimo! Il digiuno è uno strumento forte contro l'indifferenza complice, dove uomini e donne muoiono, senza rumore né odore, una vita che è stata una disgrazia, un buco nero, una tragedia degna di bestemmia!
Digiunare significa ribellarsi contro le notizie confezionate e le risposte prêt-a-porter. Significa scoprire la vulnerabilità di cui siamo composti, la fragilità (da cui scappiamo), ed essere -una volta tanto- noi stessi, fragili impettiti, nudi rivestiti, assetati... .
Il digiuno è, anche, un atto d’anti-consumismo per natura. Il consumismo che consuma il territorio, l'ambiente dove viviamo, che erode la nostra dignità umana, riducendo il nostro essere ad un tubo digerente, e la nostra intelligenza ad un riflesso condizionato.
Il nostro digiuno non serve a Dio! Serve a noi, che ci stiamo mangiando da dentro!! Serve alla natura, al Tempo, all'ecologia del cuore. Serve a dare un primato al cuore, all'uomo.
Attenzione!! I gesti simbolici, da soli, non cambiano la storia, ma quando sono sinceri -anche se stentati e semplici- creano la condizione interna del cambiamento: “Dio non cambia la condizione di un popolo, se questo prima non cambia ciò che ha in cuore” (Corano, XIII, 11).
Il digiuno è un atto d’Amore verso Dio e le sue Creature. Verso le Creature con il “con-sentire” la vita, facendosi solidale; e verso Dio con l’amore alla sua Creazione, assunta quale dono e responsabilità.
Il digiuno è un’adorazione “negativa” in due sensi:
1. Negativa perché non c’è nessun’espressione esteriore o rituale che fa sapere che stiamo digiunando. In un hadīth qudsī (insegnamenti islamici) Dio dice: “Tutta l’opera del figlio d’Adamo è per lui, salvo il digiuno, che è per Me”. Il digiuno è un segreto tra l’uomo e il suo Signore.
2. Negativa anche perché è la rinuncia di tutto quello che amiamo, abbiamo e siamo abituati ad usare.
Siamo capaci di scegliere nuove vie e fare radicali decisioni mai fatte prima? Il digiuno è la scuola della volontà decisiva. L’Amore si manifesta con il dono, l’oblazione, la condivisione, il sacrificio e non con la possessione.
Un digiuno così compreso e vissuto, nella luce del Vangelo della pace, ci immette non nella povertà, ma lo rende “possibile” di una positività, d’inedita fruttuosità, di fioritura nuova! Il digiuno vissuto nel fuoco della fede, immette il discepolo in quello svuotamento che è la kenosis di Dio…, in quella povertà di Cristo che ci ha reso ricchi, che è salvezza! Il digiuno ci permette di incarnare la povertà degli umili ed essere strumenti, artigiani, di pace, perché non c’è pace senza giustizia.
Buon Cammino di Quaresima.
P. Mariano c.r.
domenica 7 febbraio 2010
La battaglia di san Crispino
Enrico V
ENRICO:
Chi è mai che desidera questo?
Mio cugino Westmoreland?
No, mio caro cugino.
Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente;
e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria.
In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più.
Anzi, fai pure proclamare a tutto l'esercito che chi non si sente l'animo di battersi oggi, se ne vada a casa:
gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio.
Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte.
Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiano; colui che sopravviverà quest'oggi e tornerà a casa,
si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiano.
Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo:
"Domani è San Crispino";
poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà:
"Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino".
Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno.
Allora i nostri nomi, a lui familiari come parole domestiche - Enrico il re, Bedford ed Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester - saranno nei suoi brindisi rammentati e rivivranno questa storia.
Ogni brav'uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest'oggi,
fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi pochi.
Noi felici, pochi.
Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello,
e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata,
e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui,
e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!
(William Shakespeare, Enrico V, La battaglia di San Crispino)
http://www.youtube.com/watch?v=X3ngQ4LiV4Q
ENRICO:
Chi è mai che desidera questo?
Mio cugino Westmoreland?
No, mio caro cugino.
Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente;
e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria.
In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più.
Anzi, fai pure proclamare a tutto l'esercito che chi non si sente l'animo di battersi oggi, se ne vada a casa:
gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio.
Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte.
Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiano; colui che sopravviverà quest'oggi e tornerà a casa,
si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiano.
Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo:
"Domani è San Crispino";
poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà:
"Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino".
Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno.
Allora i nostri nomi, a lui familiari come parole domestiche - Enrico il re, Bedford ed Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester - saranno nei suoi brindisi rammentati e rivivranno questa storia.
Ogni brav'uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest'oggi,
fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi pochi.
Noi felici, pochi.
Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello,
e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata,
e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui,
e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!
(William Shakespeare, Enrico V, La battaglia di San Crispino)
http://www.youtube.com/watch?v=X3ngQ4LiV4Q
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